Siamo stati coinvolti nella difesa congiunta con altri colleghi di un pilota di fama mondiale risultato positivo a un controllo antidoping per una sostanza c.d. non specificata.
Considerato che in questi casi la normativa applicabile ritiene sempre l’atleta responsabile di ciò che viene rinvenuto nel proprio corpo, e che spetta quindi all’accusato discolparsi, la difesa si è incentrata sulla ricerca di prove che potessero dimostrare l’assenza assoluta non solo di intenzionalità ma anche di colpa o negligenza dell’atleta.
Inoltre, abbiamo coordinato un parere tecnico-scientifico atto a dimostrare che la sostanza era entrata nel corpo dell’atleta attraverso un prodotto contaminato.
Grazie alla dimostrazione dettagliata della catena di passaggi che ha portato all’ingresso della sostanza nell’organismo dell’accusato, e al riconoscimento dell’assenza di intenzionalità, all’atleta è stata inflitta una sanzione minima contro una richiesta iniziale di 4 (quattro) anni di squalifica.